Setaccio e bussola – Gv 12,44-50

Setaccio e bussola – Gv 12,44-50

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Quando vado in montagna a passeggiare (e spero di poterlo fare di nuovo entro breve tempo!), mi piace molto salire e proseguire lungo il crinale. Si tratta, come sappiamo, dello “spartiacque”, della divisione tra le due pendenze di una montagna o di una collina.

Deriva dal verbo greco “krìno”, che significa “separare, discernere, giudicare” e, in un’ultima possibilità, “condannare”. Anche la parola “crisi” deriva da questo verbo: essa è il momento in cui decidere, in cui fare setaccio di tutto ciò che ho dentro per capire cosa conta e cosa no.

Oggi Gesù ci dice che chi “ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno”, o, meglio “non lo giudico”, “non lo separo”: il verbo è proprio il nostro “krìno”. Respiro di sollievo per tutti: egli non è venuto per giudicare/condannare/separare il mondo, ma per salvarlo.

Il termine di scelta e di discernimento, ciò con cui possiamo setacciare la nostra vita in cerca di tracce di oro, è la sua “parola”: questa sì che separa! Essa chiede una scelta, come su un crinale, incoraggia a una profonda coerenza personale: e meno male che è così!

La parola di Gesù, il suo “lògos”, è una parola che non ci appartiene, che viene dall’esterno e, proprio grazie a questo, può renderci liberi, aiutandoci a comprendere cosa conta e cosa no, cosa potare e cosa far crescere, cosa raccogliere e cosa lasciare. E’ davvero un metro di giudizio, da oggi all'”ultimo giorno”: ci accompagna per tutta la vita, come “lampada sui nostri passi” (Sal 119).

Respiro di sollievo, quindi, e responsailità al tempo stesso: per essere realmente uomini siamo chiamati a uscire da noi, a essere semplici e, soprattutto, coerenti. Ma nessuno ci “condanna” per tutti gli intralci che troviamo in questo cammino.

Errore dopo errore, con il sorriso, quel nazareno ci offre continuamente la bussola della sua Parola.

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