Accendere l’attesa – Lc 12,35-38

Accendere l’attesa – Lc 12,35-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Siamo in un tempo terribilmente inquieto, pieno di interrogativi e di preoccupazioni. Il vangelo suona quasi come una presa in giro: «siate pronti». A cosa? Come? Non sappiamo un granché dell’evoluzione della situazione sociale e sanitaria, ignoriamo le conseguenze economiche… Stare pronti non è possibile! Si può solo accettare di essere impreparati.

Ma il vangelo, come una carezza, non ci invita a stare pronti a un futuro incerto e pieno di incognite. La prontezza a cui ci incoraggia è segnata da due immagini: «vesti strette ai fianchi» e «lampade accese».

C’è un altro punto, nel vangelo, in cui Gesù si stringe «la veste ai fianchi». In Gv 13,4, durante l’ultima cena, Gesù si cinge alla vita un «asciugatoio». E’ subito prima della lavanda dei piedi. Stringersi il vestito è, infatti, il gesto del servo prima del suo lavoro. Stare pronti con «le vesti strette ai fianchi» è quindi un essere preparati per servire gli altri. E questo lo si può fare nonostante le mille incognite e preoccupazioni: bastano piccoli, quotidiani, semplici segni di gentilezza.

Le lampade accese, invece, rievocano l’immagine in Mt 5,15: la lampada della fede non deve stare «sotto il moggio, ma sul candelabro». Dunque, vesti e lampada sono segno di servizio e di fede. Due elementi che si completano a vicenda, perché la fede motiva la carità, mentre la carità rende visibile la fede.

Basta cercare scuse! Non c’è tempo, per quanto inquieto e angosciante sia, in cui non possiamo coltivare, in gesti semplici e concreti, la nostra disponibilità a servire e il nostro rapporto con Dio.

In questo modo l’attesa non è più semplicemente un contare i minuti che ci separano dal prossimo bollettino nazionale o dall’esito di un esame. Accendiamo le nostre attese con lo spirito della prontezza evangelica: tutto sarà più luminoso.

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