Idoli sordi e muti

Idoli sordi e muti

«Far bene ogni cosa» è l’espressione di stupore della folla di fronte all’ennesimo miracolo di Gesù: non si tratta di fare cose alla perfezione come potremmo pensare noi, ma di realizzare ciò che è buono e giusto, ciò che è secondo il progetto originario di Dio.

L’uomo non è fatto per rimanere chiuso in sé senza alcuna possibilità di comunicare ed entrare in relazione: per questa ragione l’intervento di Gesù stupisce, perché, facendo riacquistare l’udito ai sordi e la parola ai muti, ricrea le condizioni delle origini, dove l’umanità aperta al mondo venne chiamata a essere garante di ogni forma compiutamente riuscita di legame.

L’agire di Gesù è fuori da ogni logica di spettacolo: in territorio straniero e pagano, sarebbe stato molto facile sorprendere le folle con un’azione miracolosa, creando facile consenso e una risposta immediata. Il Vangelo di questa ventitreesima domenica del Tempo Ordinario, anno B (Mc 7,31-37), ci presenta una via differente, fatta di gesti popolari, radicati in una antica tradizione ancestrale, compiuti in disparte, in modo che solo pochi possano vederli per darne testimonianza. In dialogo con il Padre, attraverso lo Spirito, Gesù emette un sospiro che richiama l’aleggiare creativo sulle acque delle origini. Nessuna pubblicità, nessuna scena madre da arricchire con effetti speciali e colpi di scena, soltanto un uomo restituito alla sua dignità e alle sue funzioni.

In pochi gesti e una sola parola ecco il programma di tutto il Vangelo: rendere capace l’uomo di tornare a parlare e comprendere la lingua di Dio. Nessun fraintendimento a riguardo, nessuna spettacolarizzazione, ma soltanto l’attesa della manifestazione piena di colui che renderà possibile tutto questo attraverso la croce.

L’insistenza attraverso cui Gesù chiede di non parlare a nessuno del miracolo appena compiuto richiama proprio questo desiderio di chiarezza. L’uomo ha bisogno di tempo per capire: il cuore e la mente debbono ardere insieme per poter arrivare a esprimere un’adesione piena e convinta, che sappia dare conto non delle proprie aspettative, ma del bene possibile e condivisibile.

Gesù ha premura di incontrare le ferite dell’umanità per guarirle, ma sa anche che la ferita dell’incredulità non può essere ricucita se non attraverso l’attesa e l’annullamento di ogni pretesa magica di successo.

Il mondo del Vangelo fugge da ogni facile soluzione perché sa bene che la complessa realtà degli uomini può essere purificata soltanto dall’incontro con il Dio vero e non attraverso la frequentazione degli idoli: dice il salmo 115 che gli idoli «hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Le loro mani non palpano, i loro piedi non camminano; dalla loro gola non escono suoni!».

La facilità con cui il mondo contemporaneo sforna continuamente nuovi idoli, sostituendo alle idee assoluti irrinunciabili, al dialogo l’uso di una forza risolutrice che spesso riporta le situazioni a condizioni peggiori delle precedenti, lascia davvero sorpresi: basterebbe guardare alla situazione di degrado e prostrazione in cui giace una terra come l’Afganistan e recuperare i proclami inneggianti alla guerra santa di soli vent’anni fa, proclami di un Occidente fattosi paladino dell’idolo della democrazia esportabile con le armi e la violenza. Basterebbe lasciare scorrere le tristi immagini degli attentati all’aeroporto di Kabul per comprendere quanto la sordità del cuore e l’ottusità di mente di uomini tutti uguali a loro stessi, chiusi nelle proprie convinzioni, fieri delle loro barbe e del loro essere sordi e muti alle lusinghe del mondo, possano suscitare dolore e sgomento in tutte quelle realtà che più di ogni altre ci parlano di vita: donne e bambini.

Gesù sa molto bene che la malattia dell’uomo schiavo degli idoli, reso sordo e muto da chi non dona vita ma la prosciuga, può essere guarita solo dalla pazienza e non dalla ricerca del facile consenso. Dio è disposto a prenderci da parte, a toccarci, a impastare la sua vita con la nostra e a ridonarci il suo Spirito.

Assomigliamo terribilmente agli idoli che frequentiamo, ma per smettere di frequentare idoli malvagi e ritornare ad udire e parlare parole di vita, dobbiamo iniziare a tagliare con tutto quello che ne può alimentare la potenza attraverso la ricerca spasmodica di visibilità e successo: abbiamo tutti bisogno di essere curati da chi ci può prendere in disparte e portarci lontano dalle folle, abbiamo tutti bisogno di imparare ad ascoltare e a parlare di nuovo.

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