
Chi si sa parte parte – Gv 13,16-20
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
Il Vangelo è sempre destabilizzante.
Da Gesù ci saremmo aspettati una dichiarazione del tipo: «un padrone non è più grande del suo servo, né chi invia è più grande di chi è inviato», nell’invito all’umiltà per chi è oggettivamente più importante. Infatti, sia il servo che l’inviato sono subordinati rispettivamente al padrone e a chi invia.
E invece Gesù spariglia le carte e dice proprio il contrario: «un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato».
Sorprenderà, ma una delle pagine più interessanti della filosofia di Hegel è proprio quella della dialettica “signore-servo”, secondo cui il servo, alla fine di un processo che per brevità di tempo non possiamo spiegare, diviene padrone del suo signore. Proprio quel che Gesù invita a rifuggire.
In che modo servo e inviato possono lasciarsi sedurre dalla logica della superiorità? Ciò accade quando essi iniziano a credere che ciò che è loro affidato, il servizio e il messaggio, è solo per loro e finisce con loro.
La grandezza del servo e dell’inviato risiede, invece, nella loro disponibilità a lasciarsi coinvolgere nel dinamismo dell’accoglienza, quel dinamismo di cui entrambi scoprono essere parte e non tutto, il fine, ma non la fine. Chi si scopre parte parte. Come il Figlio, che non si crogiola nel suo stare col Padre nello Spirito, ma si mette in cammino alla ricerca dell’uomo perché, secondo un mistero, che mai finiremo di comprendere, il nostro Dio, non può sopportare che i suoi figli credano che Lui si sia dimenticato di loro.