Il filo rosso del tempo

Il filo rosso del tempo

La liturgia di queste domeniche del tempo di Pasqua, siamo giunti alla VI dell’anno C, ci sta preparando, attraverso la proclamazione del vangelo di Giovanni, all’incontro con lo Spirito Santo nella solennità di Pentecoste. Al capitolo 14, nel contesto drammatico del saluto ai discepoli nell’ultima cena (Gv 14,23-29), Gesù mette in relazione l’osservanza delle sue parole con l’amore verso di lui e verso il Padre. Fa di questo amore che si manifesta nell’ascolto della sua parola la condizione necessaria perché il discepolo non sia turbato dai drammi della storia e possa sentire nel cuore la pace che è il primo dono del Risorto attraverso lo Spirito.

La storia che stiamo vivendo ci restituisce una stagione in cui l’umanità sembra essere tormentata da una visione negativa del tempo: anche i credenti vivono spesso ossessionati dall’idea che il passato ci tormenti e il futuro sia incerto; in questo modo il presente è segnato da una costante cappa di insoddisfazione. Lo vediamo molto bene in come vengono costantemente giustificate le guerre da parte di chi le sostiene: si fa credere che ci sia un passato che attende di essere vendicato perché portatore di profonde ingiustizie, nella prospettiva di offrire ai popoli un futuro di sicurezze e pace che pochi riescono a intravedere. Intanto il presente è distrutto, segnato da morte e tragedie disumane come quelle che avvengono ogni giorno a Gaza.

Il Signore ci chiede che il nostro cuore non sia turbato, ci invita a credere al suo amore per noi e a cercare in questo amore, costantemente riconfermato in tutte le sue parole, la giusta misura di lettura delle vicende della storia, anche quella personale. Il dono dello Spirito consolatore (Paraclito) che dobbiamo invocare è la nostra vera speranza: grazie a lui potremo recuperare una lettura riconciliata del passato, rimettendo al giusto posto la ricerca delle cause di certe situazioni, senza farle diventare motivo di rivalsa ma vera possibilità di comprensione e spinta ad agire per un cambiamento positivo. Grazie al dono dello Spirito potremo comprendere che l’andare di Gesù al Padre non è un abbandonarci, ma la condizione necessaria perché il suo ritorno al Padre apra anche a noi la possibilità di un ritorno a Dio. Il futuro allora non risulterà più incerto, ma segnato chiaramente da una via concreta e percorribile.

Le parole di Gesù non sono generiche parole di speranza offerte a chi vive lontano dai drammi della storia: sono la convinzione di un Dio che è pienamente dentro alla storia e alla tragedia dei più miserabili di questa storia. Gesù sente ormai avvicinarsi la morte, ma consegna ai suoi il tesoro del suo cuore, quello che gli è più intimo, le sue convinzioni più profonde. Il male non si combatte rifiutando il presente, rifugiandosi nelle responsabilità del passato, lasciando che il futuro si autodetermini nell’incertezza: il male si combatte ridando senso a questo presente, chiedendo il dono dello Spirito che ci aiuti a ritrovare il filo rosso che leghi le nostre azioni e le nostre convinzioni all’amore che Dio ci manifesta ogni giorno. Alimentarsi a questa convinzione genera pace e tiene lontano il turbamento del cuore.

Chiedere il dono dello Spirito, allora, non è qualcosa di opzionale per un credente: è il modo più ragionevole e profondo di portare Dio e il bene dentro alla propria storia personale e a quella del mondo. É il modo che abbiamo a disposizione per poter tornare ad abitare con equilibrio le nostre giornate e riconciliarci con il tempo che ci è dato. Solo lo Spirito può aiutarci a recuperare dal passato i segni della presenza di Dio, solo lo Spirito può donarci la pace di cui abbiamo bisogno per vivere il presente, solo lo Spirito può aprirci a un futuro di speranza che non sia illusione.

Se ci sentiamo costantemente ripiegati sul passato alla ricerca di possibili soluzioni da riproporre in modo acritico o stiamo vivendo costantemente proiettati in un futuro ansiogeno, non abbiamo ancora imparato a chiedere quello di cui abbiamo veramente bisogno oggi.

Quale gioia porterebbe al mondo la possibilità di riconoscere una Chiesa fatta di comunità felici di abitare il proprio presente, comunità animate dalla convinzione di stare costruendo oggi il Regno che andranno a gustare in pienezza domani: noi tutti dovremmo sentire il desiderio di diventare, in qualche modo, parte di questo filo rosso che attraversa una storia che altrimenti rischia di smarrirsi e di perdersi nelle pieghe della violenza e della mancanza di senso.

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