Il cielo nel cuore – Gv 17,20-26

Il cielo nel cuore – Gv 17,20-26

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

C’è sempre questo rischio. C’è questa tragica possibilità. Ridurre la fede a una ridicola superstizione. Ridurla a una sciocca magia che dovrebbe obbedire ai nostri capricci. Ridurla a una vuota ritualità che diventa imbarazzante e muta di fronti ai problemi e al dolore della vita.

Ci sono così tanti episodi di cronaca che sono sconvolgenti e di una violenza inaudita. Ogni giorno. Eppure molti viviamo la fede come un accessorio inutile di cui possiamo fare a meno tranquillamente.

La fede se non arriva a una vera relazione con Dio è fuffa. Se non arriva a conoscere il Padre del cielo diventa un insieme di regole insopportabili e buffo oppure una trascurabilissima mania di quattro esaltati.

La fede è scoprire in Gesù, figlio di Dio, l’arte di essere figli di Dio. È questa la radice che ci può salvare da tanta violenza scioccante. Solo se sperimento la provvidenza del Padre potrò sopportare un “no” della vita, potrò accettare la fatica e le difficoltà della vita, potrò stare senza morire e far morire davanti a una porta chiusa. Perché come dicevano una volta, con semplicità e sapienza acuta, gli anziani: quando si chiude una porta si apre un portone.

Quando manca la relazione con il Padre del cielo si assolutizza il madre, la madre, il fratello, la moglie, la figlia, la casa, la ragazza, la carriera, la salute, la giovinezza, la bellezza, la vacanza… e rimaniamo intrappolati nelle nostre paure. La fede è la relazione con il Padre che ci dà dignità, libertà vera e apre la nostra vita a prospettive gravide di senso.

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