Dal cielo

Dal cielo

Il vangelo che ci viene proposto in questa domenica è quello della festa dell’Esaltazione della Croce. Interrompiamo la lettura del Vangelo di Luca per lasciarci condurre dai versetti del terzo capitolo di Giovanni (Gv 3,13-17) a contemplare il mistero della Croce come luogo della manifestazione del progetto di salvezza di Dio per la storia di ogni uomo.

Il riferimento al libro dei Numeri al capitolo 21, dove nei versetti dal 4 al 9 si racconta dell’episodio di Mosè che innalza un serpente di bronzo collocato sopra ad un’asta perché guardandolo gli israeliti possano essere salvati e guariti dalla propria incredulità, diventa per Gesù il modo più chiaro e naturale per parlare di sé e del fatto che anche lui sarà innalzato, questa volta però, per la salvezza di ogni uomo.

Fin dalle origini della storia, quello che gli uomini cercano di innalzare al cielo è sempre segno di grandezza e potenza: se poi la ricerca del cielo non è vero desiderio di instaurare una relazione sincera con Dio, diventa spesso desiderio di occupare spazio, di imporre il proprio nome, di certificare la propria forza e potenza. Negli ultimi tempi poi non ci si è più accontentati di affermare tutto questo attraverso l’espressione, anche simbolica, della ricerca aerospaziale mossa dal desiderio di salire sempre più in alto dove nessuno è mai giunto prima. Oggi i cieli sono di nuovo pieni di armi che viaggiano a velocità supersoniche per seminare morte e distruzione: l’uomo innalza al cielo ciò che può affermare la propria forza e che diventa, allo stesso tempo, strumento che certifica la necessità che la forza dell’altro sia distrutta.

L’uomo ragiona sempre nei termini di chi sia il più forte e, proprio per questo, non accetta che qualcuno possa esserlo più di lui: quando questo confronto non riesce più a essere gestito su un piano simbolico allora la catastrofica concretezza delle armi viene innalzata come paradossale unica via di salvezza.

Dio, in Gesù, interrompe questo perverso meccanismo di distruzione, innalzando se stesso e mostrando agli uomini un modo diverso di essere grandi, indicando a tutti la vera possibilità di salvezza che conduce alla vita eterna. Il momento in cui Gesù verrà innalzato sulla Croce, corrisponderà al suo ritorno al Padre e, quindi, sarà anche il momento della sua piena manifestazione  di Figlio. In questa manifestazione a noi viene consegnata la rivelazione di come poter vivere la grandezza della nostra umanità: anche noi, perché voluti dal Padre siamo destinati a fare ritorno a lui per avere una vita che dura per sempre, ma solo se sapremo percorrere la via della Croce, la via del dono di sé e dell’amore. Ecco perché dobbiamo imparare a guardare a colui che hanno trafitto, per liberare i nostri occhi e, ancor di più il nostro cuore, da desideri stupidi di grandezza.

Come il popolo nel deserto ha avuto bisogno di guardare un serpente di bronzo innalzato al cielo per essere liberato dai morsi velenosi e mortiferi dei serpenti disseminati nell’accampamento, così noi abbiamo bisogno di alzare lo sguardo e incontrare la gloria della Croce di Cristo che ci libera dai morsi del nostro egoismo. Solo guardando a ciò che Dio innalza per noi potremo liberare la mente da progetti di morte; se continuiamo, invece, a volgere lo sguardo a quello che noi innalziamo per affermare la nostra grandezza rischiamo soltanto di vedere volare in cielo droni e altri strumenti che seminano distruzione e disperazione.

Mi commuovo sempre quando entro in certe chiese e alzando lo sguardo vedo il crocefisso innalzato al centro della navata, sopra al presbiterio, nel punto più visibile, magari sotto la cupola: mi ricordo di cos’è fatta davvero la mia umanità e quella dei tanti disperati della terra che come me attendono salvezza dal cielo e non la morte.

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