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Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
«È lecito o no guarire di sabato?». Curioso che una simile domanda crei tanto imbarazzo in casa di uno dei capi dei farisei. Loro, studiosi della Legge, conoscono perfettamente l’importanza del giorno sacro di Shabbat. Di sicuro osservano le tante prescrizioni con cui la Legge la difende: il divieto di ogni lavoro, il riposo, i rituali e le preghiere per la santificazione del giorno, la celebrazione in famiglia.
Come mai dunque quella domanda toglie loro la parola («essi tacquero»)? Il silenzio che cala improvviso a quella tavola esprime forse l’aprirsi di qualche crepa nella corazza di un cuore indurito. Lascereste forse vostro figlio o il vostro bue annegare nel pozzo in giorno di sabato? Come mai, dunque, non comprendete? Non è forse Shabbat il giorno in cui Dio opera perché la sua creazione giunga a pienezza?
«Lo prese per mano, lo guarì e lo congedò». Il primato della vita sulla lettera della Legge è affermato nel modo più semplice ed efficace. Nelle parole e nei gesti di Gesù si esprime il cuore di quel Padre che è amante della vita e che ha tanto amato gli uomini da mandare suo Figlio perché nessuno di coloro che Egli ama sia perduto.





