In mezzo senza rischi
Esistono modalità molto differenti di mettere in mezzo qualcuno: lo si può fare in senso metaforico facendolo diventare il centro delle nostre attenzioni, in senso positivo, ma anche in senso negativo, oppure in in una modalità fisica, lasciando che il posizionamento al centro definisca l’atteggiamento di chi attorno guarda e agisce a seconda del contesto. Oggi, poi, è più facile di quanto non si pensi porre se stessi al centro dell’attenzione mediatica grazie ai social e ai mezzi di comunicazione: anche senza volerlo basta pubblicare qualcosa e immediatamente si crea attorno a noi un capannello di pareri e reazioni più o meno benevoli.
Esistono casi ancora troppo frequenti, come ci ricorda la cronaca di questi giorni, di donne poste al centro dell’attenzione malata e possessiva di uomini incapaci di gestire una vera relazione di amore: uomini che fanno del proprio desiderio un’ossessione; uomini incapaci di gestire la frustrazione di un giusto rifiuto e che finiscono per preferire la distruzione di quella che ormai, nella loro follia, si è trasformata in oggetto che nessun altro potrà mai possedere.
Alle volte si preferisce mettere al centro le idee, i principi, le realtà che per nessuna ragione possono essere messe in discussione: quando si fa questo, in campo politico, è molto facile scivolare lungo un crinale pericoloso, se tali idee e principi non sono a servizio delle persone, ma diventano il paravento per giustificare qualcosa di assoluto che deve esistere a prescindere, sia esso un impero, una mal concepita identità di nazione o una qualche insana forma di egemonia economica.
Gli individui, allora, vengono messi al centro, ma solo per essere sfruttati, usati e manipolati, in modo che possano diventare solo ed esclusivamente numeri da gestire.
Tutti, in definitiva, desideriamo essere messi al centro dell’attenzione di qualcuno, tutti aspiriamo almeno ad avere qualcuno che si occupi di noi e che sappia valorizzare la nostra identità. Sappiamo che è un rischio dall’esito incerto, quello di essere posti in mezzo, perché sappiamo molto bene quanto possa essere ambivalente l’atteggiamento di chi si sta occupando di noi. Capiamo molto bene la differenza tra l’essere posti in mezzo per essere accusati di qualcosa o per essere fatti oggetto di amorevoli cure. C’è uno sguardo che trasforma le persone in problemi e oggetti e uno capace, invece, di valorizzare e allargare gli orizzonti.
Molti, per paura di essere sottoposti ad uno sguardo sbagliato, preferiscono ritirarsi nel più assoluto anonimato rinunciando ad ogni forma di confronto. Preferiscono sparire, perché magari già feriti troppe volte e incapaci di reagire: colpiti dai sassi troppo pesanti del giudizio altrui se ne stanno buoni sotto le pietre accumulate, nella speranza che prima o poi ci si dimentichi di loro.
Il Vangelo di Giovanni, nella V domenica di Quaresima anno C (Gv 8,1-11), ci presenta esattamente i due poli della questione che ho sollevato negli esempi precedenti: la donna accusata di adulterio vien posta in mezzo dagli scribi e farisei, con l’intenzione di denunciarla come pubblica peccatrice e lapidarla: in realtà non sono interessati veramente al suo caso, alla sua storia, alla sua vita, desiderano soltanto usarla, renderla un oggetto nelle loro mani da scagliare contro Gesù.
Alla fine della scena ritroviamo la donna sempre in mezzo, ma questa volta sottoposta a uno sguardo totalmente differente: è rimasta lei sola dopo che tutti quelli che l’accusavano se ne sono andati uno per uno. Lei sola misera, insieme alla misericordia, direbbe sant’Agostino: ancora in mezzo, ma al centro di un’attenzione che non la condanna. Lo sguardo di Gesù riconosce la sua umanità e non la giudica per quello che ha fatto, perché ogni esistenza non può essere mai ridotta ad un’azione per quanto grave e definitiva.
Gesù sa fare questo: sa mettere al centro la dignità umana di ogni persona, non può trasformare le persone in numeri perché non sa contare. Alla fine del racconto la donna viene inviata, rimessa in movimento: dopo aver sperimentato il blocco drammatico del giudizio che schiaccia, ora vive la leggerezza del giudizio che ama e per questo torna libera di muoversi e di vivere.
In fondo anche coloro che volevano lapidarla sono stati liberati dalla pesantezza delle pietre che li teneva bloccati: se avessero gettato contro di lei quel sasso sarebbero morti anche loro, morti nel peccato. Accettando di essere messi in discussione dalle parole di Gesù, hanno cambiato posizione e hanno scoperto quanto sia leggero il peso del giudizio di Dio. Tutti possiamo fare la tragica esperienza di essere posti nel mezzo in attesa di un giudizio spietato; tutti possiamo fare la parte di quelli che mettono in mezzo in attesa di lanciare la pietra; grazie a Dio, però, tutti possiamo fare esperienza di un Dio che ci vuole mettere in mezzo per offrirci la sua misericordia. Se accettiamo di rimanere davanti a lui siamo davvero liberi di stare in mezzo, al cuore della vita e del mondo, senza paura e senza rischi.