Me tapino! – Mt 11,25-30

Me tapino! – Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Quando ero piccolo leggevo volentieri le avventure di Topolino e di Paperino. Mi piaceva soprattutto lo zio Paperon de’ Paperonis. Ricchissimo, spilorcio fino all’estremo, era una parodia che mi stuzzicava e mi faceva ridere. Ogni tanto, magari quando veniva sconfitto da Rockerduck, il suo acerrimo nemico, iniziava a piangere e gridava: “Me misero! Me tapino!”. Questa parola, “tapino”, oggi in disuso, mi faceva sorridere per il suo suono. Ma non ho mai chiesto cosa significasse veramente.

Ora lo so. Significa “meschino”, “povero”, con una forte sfumatura di infelicità. Deriva dal greco “tapèinos”, che è l’aggettivo che troviamo nel vangelo di oggi. «Imparate da me, che sono umile e tapino di cuore», così recita letteralmente. Ma come… Gesù è triste e povero? Gesù è meschino nel suo cuore?

Credo che il significato di “tapino” sia andato deformandosi nel tempo. Non c’era l’accezione della tristezza nel greco antico. Tuttavia resta la questione della povertà e dell’umiltà. Gesù ci dice di imitarlo, perché è povero e umile nel suo cuore. Attenzione, però. Certo, è umile, ma non è uno che si umilia. C’è una bella differenza.

L’umiltà del cuore, restare con un cuore povero – che è la prima delle beatitudini -, significa restare pienamente uomini. Tant’è che umile deriva da humilis, che ha a che fare anche con homo, cioè uomo. Restare umile nel cuore comporta allora custodire la propria umanità. Che è fatta di sorrisi e di lacrime, di fatiche e di sacrifici, di gioie condivise e, soprattutto, di relazioni fraterne. Quando ci scordiamo tutto ciò, magari perché troppo presi dalle paure mondiali o dai timori sociali, dalle pressioni sul lavoro o dalle incomprensioni in famiglia… quando rinunciamo a essere persone umane, che cercano il senso della loro vita nelle relazioni, allora il nostro cuore non è più umile.

Allora davvero diventiamo anche tristi.

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