
PAROLE CHE UNISCONO, PAROLE CHE DIVIDONO – Mt 5,33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno».
La parola è una parte fondamentale della nostra comunicazione con gli altri e di solito scegliamo come usarla in base a chi abbiamo di fronte. Giustissimo, anzi, oserei dire, sano.
Quello che ci raccomanda Gesù con quel “sì, sì ; no, no” non è certo di essere totalmente diretti e trasparenti con chiunque, ma di usare la parola in modo responsabile. Perché, come scrive Silvano Fausti, se la parola «è comunicativa, vera e liberante, è divina: ci unisce ai fratelli e ci fa figli di Dio. Se è possessiva, menzognera e intesa a catturare, è diabolica: ci divide dagli altri e ci relega nelle tenebre della solitudine».
Onestà e sincerità sono importanti per costruire relazioni vere e positive, ma non più importanti del rispetto e della cura per l’altro, che si manifestano anche nel modo in cui scegliamo di comunicare. Anche le nostre parole sono strumento per amare il prossimo.