
Per gli altri – Mt 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Diciamo spesso che la persona si deve autorealizzare. Deve trovare, cioè, ciò che è più connaturale alla sua persona, capire le proprie inclinazioni e farle come fiorire. In questo modo si sentirà soddisfatta.
Penso ci sia molto di vero. Però, forse, è una verità parziale. Autorealizzarsi può essere un processo che nasconde un grande fantasma, quello della solitudine. L’uomo non è fatto solamente per guardare se stesso. O, se vogliamo dirla più poeticamente, un fiore non sboccia solo perché è un fiore, ma perché, sbocciando, attira le api, che ne prendono il nettare e il polline e, così facendo, lo spargono in giro per il giardino.
Autorealizzarsi non può significare solo un bene per sé, ma deve comportare anche la dimensione sociale, comunitaria, relazionale. Così il vangelo di oggi ci dice che siamo «sale» e «luce», ovvero cose che, per sé stesse, servono a poco. Sono utili agli altri: il sale dà sapore per qualcun altro, la luce illumina la strada per qualcun altro.
Forse in questo modo riusciamo a scappare dal labirinto della nostra mente e del nostro cuore. Forse, accorgendoci che “siamo per gli altri”, la nostra realizzazione diviene piena e acquista un colore nuovo.