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In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
La frase di Gesù che parla della «porta stretta» può generare spavento. Eppure, l’intenzione dell’evangelista Luca è mostrare come tutta la storia della salvezza culmini in Cristo, come lascia bene intuire l’accenno a Gerusalemme come meta del viaggio di Gesù.
La destinazione salvifica che orienta e dà senso alla nostra vita passa per la via – unico ingresso – della fede in Gesù, come per una porta stretta.
Tale punto è ricco di implicazioni: in primo luogo non significa che sono pochi coloro che vi accedono, ma che non puoi entrare confuso nel gruppo degli amici, nemmeno in compagnia del tuo clan parentale; in secondo luogo che nemmeno in virtù della forza della tradizione è possibile entrare; ancora, che i vincoli di sangue sono impotenti.
Invece, entri tu, nome e cognome, libero e responsabile della tua vita. Perché tu, nome e cognome, sei di fronte alla misericordia di Dio.





