Schiavi – Mt 8,28-34

Schiavi – Mt 8,28-34

In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?».
A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque.
I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.

L’episodio del vangelo di oggi ci parla di «indemoniati». Senza addentrarci sul significato di questa parola per gli antichi ebrei, certamente però indica persone che hanno un grande male dentro.

Due pensieri. Mi colpisce, prima di tutto, come il vangelo ribadisca che il male schiavizza. Sembra essere un lungo commento a Gen 4,7: «il peccato è accovacciato alla tua porta». Il male è rappresentato come una sorta di predatore in guardia, pronto a scattare, come un grosso felino.

Quindi il male non è da evitare perché altrimenti “non siamo buoni”, ma perché ci conduce a una libertà sempre più ferita e zoppicante. Obnubila la nostra capacità di giudizio e di azione: in una parola, ci rende schiavi. Gesù, prima di tutto, non ci vuole buoni, ma liberi.

In secondo luogo, mi sorprende sempre la “volontà di morte” degli indemoniati, che prima «escono dai sepolcri», poi spingono la «mandria di porci» a buttarsi dal dirupo. Come a dire: il male non solo schiavizza, ma distrugge.

E anche in questo contesto il vangelo si rivela estremamente pragmatico. Il male, prima ancora di avere una valutazione morale negativa, è… stupido. E’ qualcosa di cieco, che non costruisce niente, anzi: tende a demolire ciò che abbiamo costruito.

Certo, l’impressione che abbiamo è spesso il contrario: il male ci rende più liberi e serve per la costruzione di noi. E’ la grande illusione di Adamo ed Eva, nei primi capitoli della Genesi. Il vangelo la chiama «tentazione».

Ma basta guardarsi intorno, osservare le «strutture di peccato» (come diceva Giovanni Paolo II) che abbiamo eretto attorno a noi e dentro la nostra società, per comprendere bene che questa è realmente un’illusione. Niente da fare: il male ci schiavizza – ci fa dipendere da qualcos’altro che non è il Dio d’amore – e distrugge, erode, logora.

Meno male che è sempre possibile accogliere una parola liberatrice, gratuita, fraterna. Quel Nazareno passa ogni giorno, per tutti.

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