Il potere in un abbraccio

Il potere in un abbraccio

A leggere le notizie di questi giorni c’è da mettersi le mani nei capelli: il Vangelo di domenica prossima (Mc 9,30-37) ci descrive un bambino messo al centro, abbracciato da Gesù e presentato come modello di riferimento per chiunque voglia accogliere davvero la presenza di Dio.

Accogliere nel nome di Gesù chi non può offrire nulla in cambio, proprio come un bambino, chi risulta indifeso e piccolo, bisognoso di cura e sicurezza, vuol dire aprirsi all’incontro vero con il Dio della vita.

Al di là di una retorica spesso superficiale, il nostro mondo si comporta con i bambini esattamente come ha sempre fatto: li considera oggetti da utilizzare, al più manovalanza o nella peggiore delle ipotesi un problema da risolvere. Sarebbe perfino troppo facile trovare una giustificazione a queste pesanti affermazioni, parlando dei tanti bambini lasciati morire di fame in giro per il mondo o deturpati dalle guerre scatenate dai grandi e dai loro interessi, senza tenere minimamente in conto le esigenze delle nuove generazioni. Basterebbe poi ricordare i troppi bambini che ancora oggi sono costretti a svolgere lavori pesanti e sottopagati per produrre tutto quello che passa tra le nostre mani come beni di consumo. Cosa dire poi del mercato del sesso a pagamento che purtroppo spesso coinvolge bambini indifesi venduti perfino dalle proprie stesse famiglie?

Potrebbe sembrare che tutte queste realtà riguardino soltanto la parte più povera del mondo, che purtroppo rimane comunque la parte maggiore, ma in realtà l’atteggiamento del nostro mondo cosiddetto “civilizzato” non sembra essere molto migliore: il diffondersi della realtà drammatica della pedofilia, a cui la credibilità stessa della Chiesa ha versato un tragico contributo, ma anche la logica dell’utilizzo dei bambini semplicemente per affermare i diritti dei grandi (basti pensare al rapimento del povero Eitan) parlano dell’incapacità degli adulti di pensare realmente a un mondo a misura dei piccoli.

Gesù ci ricorda che i bambini non vanno vezzeggiati come pupazzi, assecondati in tutte le loro richieste, semplicemente per gestire le nostre immancabili frustrazioni: i figli spesso vengono caricati di aspettative improprie da genitori smaniosi di estendere all’infinito i propri desideri di auto-realizzazione, oppure vengono colpiti dalla violenza crudele e codarda di adulti che non trovano il proprio posto nella vita, cosa potrebbe spingere maestre di asilo a picchiare e maltrattare i bambini a loro affidati?

I bambini vanno amati e rispettati per quello che sono: nell’abbraccio di Gesù c’è tutta la delicatezza di un Dio che si prende cura della vita e che sa quanto la vita sia da custodire in un germoglio.

Tutti abbiamo paura di morire, ma l’antidoto alla paura non va cercato come fanno i discepoli, come del resto fa ciascuno di noi, nella grandezza e nell’affermazione del potere. O, meglio, c’è un potere, che è quello di cui parla Gesù senza essere capito, che nasce dall’offerta della propria vita e che ci metterebbe davvero in condizione di essere generosi con il mondo.

Di fronte a parole che sembrano parlare di morte i discepoli non capiscono, perché hanno paura e si rifugiano nella ricerca di un posto al sole, il posto dei grandi, che pur di sopravvivere sarebbero disposti a schiacciare ogni piccolo e a servirsi di ogni possibile risorsa, senza guardare in faccia nessuno.

Il Vangelo conosce soltanto un modo per essere primi: amare i più piccoli, di cui i bambini sono un segno efficace, e servirli fino a dare la vita.

L’antidoto al potere malato dei grandi è il servizio: credere di sopravvivere alla morte facendosi scudo della gloria tutta mondana del denaro, della fama e della forza, è la tentazione comune perfino del credente, quando finisce per non accettare nella propria vita la logica della croce.

Ogni abuso nasce da un rapporto malato con il potere: ogni potere diventa malato quando perde il contatto con il servizio e non sa più riconoscere in un abbraccio il dovere di custodire la vita.

Il gesto così materno di Gesù e il rimprovero rivolto ai dodici, tutti uomini, dovrebbe fare risuonare soprattutto nel mondo maschile un vero e proprio campanello d’allarme: l’idea malsana di un potere che non rende conto a nessuno è quanto di meno virile possa esserci. Il Vangelo vorrebbe aiutarci a riscrivere la storia del rapporto tra potere e sfera dell’universo maschile, una storia che attende da secoli una presa di coscienza dei credenti in Cristo chiamati a fissare lo sguardo sul proprio Signore, che teneramente abbraccia un piccolo e indifeso bambino.

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