Diventare famiglia – Lc 11,1-4

Diventare famiglia – Lc 11,1-4

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».


Per me è stato abbastanza facile essere fratello. Sono nato per terzo e così, un secondo dopo essere partorito, ero già fratello. Essere figlio è ancora più facile: basta nascere. Però un conto è essere famiglia, un conto è diventarlo. Forse l’identità di figlio e fratello è ciò che è più facile avere fin dalla nascita, ma, al tempo stesso, è l’arte più complicata da imparare. Diventare fratello e figlio non è facile. A questo si riferiva l’invito di san Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Familiaris Consortio”: “famiglia, diventa ciò che sei!” (n. 17).

Diventare figlio comporta la consapevolezza, mai raggiunta del tutto, che da soli non ce la facciamo. Significa accettare di essere dipendenti, in qualche modo, dagli altri. Significa anche cogliere che non i siamo padroni totali della nostra vita, ma che essa ci è data come dono gratuito e che c’è una “volontà” che non è la nostra con cui dobbiamo fare i conti, bene o male.

Diventare fratello e sorella implica la responsabilità, accorgersi degli altri attorno a noi, dei loro bisogni e delle loro necessità. Significa perdonare e accettare di essere corretti e perdonati. Mi ricordo che, quando ero più piccolo, mio fratello e io dormivamo nella stessa stanza. La seccatura maggiore era svegliarsi quando si svegliava lui, che faceva già le superiori mentre io facevo ancora le medie. Camminare al passo con gli altri: ecco dove si tocca con mano la fraternità.

Abbiamo un bisogno fortissimo, soprattutto oggi, di diventare figli e fratelli. E’ ciò che ci rende più liberi e felici, anche se costa fatica, perché vuol dire dimenticare un po’ sé stessi. Forse non è un caso che l’unica preghiera che Gesù ci ha insegnato è quella del Padre, che invita a riconoscerci tutti figli suoi e, di conseguenza, fratelli tra noi.

Magari imparando l’arte della figliolanza e della fratellanza potremo diventare padri e madri autentici.

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