Esigente e liberante – Mt 5,38-42

Esigente e liberante – Mt 5,38-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

Questo passo del vangelo rappresenta, per me, probabilmente l’insegnamento più difficile di Gesù. Finché ci dice che combattere il male è difficile e pericoloso, capisco. Il suo «come agnelli in mezzo ai lupi» mi fa paura, ma lo comprendo. «Beati voi quando vi perseguiteranno» suona terribile, ma lo posso accettare.

Ma «vi dico di non opporvi al maligno» è di una esigenza al limite dell’incomprensibile. Credevo che il senso dell’etica cristiana fosse opporsi al maligno!

La parola greca per «maligno» è «poneròs», che è proprio quel male dell’albero antico «della conoscenza del bene e del male», all’inizio della Genesi. Non c’è modo di sbagliare: si tratta proprio del male, di ciò che provoca dolore e schiavizza.

Eppure capisco che questa è la strada per la vera libertà. Il bene e il male non sono entità equivalenti, contrapposte per qualche non chiara ragione cosmica. Il bene non odia, né si «contrappone», per questo è su un livello totalmente differente. Agostino diceva che la vera «dignità ontologica» l’ha solo il bene. Il male non è che una mancanza di bene.

Il vero bene, il vero amore, che è Dio, ama soltanto. Non si contrappone al maligno, ma lo converte, lo addomestica, lo quieta. Così, di fronte alle tante – piccole o grandi – ingiustizie o disturbi della nostra vita, siamo chiamati a comprendere, a guidare, a curare.

Non significa non arrabbiarsi mai e giustificare tutto, ma comporta la conversione da una logica “I win-you loose” a una in cui la persona che abbiamo davanti è un fratello e mai un nemico. Quindi io cresco nella mia libertà nella misura in cui aiuto anche lui a crescere nella sua libertà. La storia di Francesco e del lupo di Gubbio insegna…

Smettere di difendere il bene non significa, quindi, in questa logica, perdere ogni bussola morale. Al contrario: significa porre, prima del valore astratto, la persona concreta e amabile, vero centro di ogni etica cristiana.

Comporta, nella nostra quotidianità, di riconoscere una volta per tutte che la nostra vocazione, la nostra crescita di persone e di cristiani passa esattamente attraverso le relazioni con gli altri, dalle più piacevoli a quelle più fastidiose.

E’ lì che si cela il nostro Dio, libero e misericordioso.

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