Onesti con sé stessi – Mc 2,23-28
In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Quando l’obbedienza è virtù? Quando l’obbedienza è nobile? Quando è piena di fascino? Quando è il segno della grande statura di chi la esercita? Quando rivela l’intelligenza di chi la compie?
Quando la libertà è un’illusione? Quando la libertà è solo la maschera del capriccio? Quando la libertà è una evidente e ridicola copia dell’originale? Quando la libertà e solamente una finzione? Quando la libertà mostra la stoltezza di chi la difende? Quando la libertà è solamente un trucco per continuare ad illudersi?
È molto difficile distinguere la buona obbedienza e la buona libertà. Ma non è nemmeno così difficile!
Gesù, nella sua semplicità, ci regala un criterio luminosissimo: se l’obbedienza ti aiuta a diventare grande non ci devi rinunciare. Se la libertà ti rende miserabile, quella libertà la devi abbandonare. Il valore assoluto della tua vita rende nobili libertà e obbedienza.
Ma noi saremo così onesti con noi stessi? Saremo capaci di scegliere l’obbedienza scomoda ma utile? La libertà a caro prezzo, ma vera?
Preferiremo le cose vere o quelle facili?