Il treno dell’amore

Il treno dell’amore

Difficile commentare i versetti del Vangelo di Giovanni per questa VI domenica del tempo Pasquale, anno A (Gv 14,15-21): difficili da commentare soprattutto se si cerca una qualche notizia di attualità che possa aiutarci a comprenderli meglio. Le parole di Gesù parlano di comandamenti e di amore, due realtà che paiono contraddittorie, due realtà che, oggi, non vanno di moda, se si esce dall’utilizzo banale e ipocrita a cui spesso sono sottoposte entrambe. Si parla di comandamenti facendo riferimento alle leggi e invocando, spesso sdegnati, il rispetto della legalità come unica possibilità di instaurare una convivenza civile, ma poi quanti si interrogano davvero su cosa significhi costruire leggi giuste e applicarle con intelligenza alla vita di tutti i giorni? Quanti sono davvero disposti ad accettare con consapevolezza la logica di limitare gli spazi della propria libertà individuale nella prospettiva di crescere insieme agli altri nella costruzione del bene comune?

Si parla in continuazione di amore, ma è possibile capirsi davvero sul significato di una parola così abusata e maltrattata? In fondo le continue notizie di cronaca proprio sul tema degli abusi nei confronti soprattutto di donne e bambini e sempre più spesso all’interno dell’ambito famigliare, non finiscono per mettere in discussione proprio l’idea di amore che oggi viene sempre più confusa con l’idea di una piena e totale realizzazione di sé?

Strana società quella che pretende di sostenersi a partire dal rispetto delle regole preteso sempre dagli altri, che raramente si concretizza in un amore che sappia farsi prossimo nelle forme della gratuità incondizionata. Una società destinata davvero a implodere su se stessa, sempre più chiusa a cercare di risolvere i propri problemi attraverso la stesura continua di nuove leggi, ma incapace di offrire una prospettiva dinamica e aperta al futuro, una prospettiva che venga davvero percepita come desiderabile soprattutto dai più giovani.

Gesù ci parla della necessità di tenere insieme comandamenti e amore, anzi, prospetta proprio la possibilità che amare davvero significhi seguire delle leggi, dare forma concreta alle scelte del vivere. Siamo lontanissimi da una prospettiva sentimentalista, ma proprio per questo pienamente in linea con l’idea che un  amore vero, per essere umanamente vivibile, abbia bisogno di una forma stabile ma allo stesso tempo dinamica.

Siamo abituati a vedere le leggi come strutture che incasellano, limitano, definiscono e chiudono, ma il fatto che Gesù, nel solco della vera tradizione biblica, le associ all’amore, ci aiuta a comprenderne la vera natura: i comandamenti sono parole di vita che ci aiutano a capire come dare forma concreta all’amore. Gesù ce li presenta come parole che ci mantengono in relazione e che ci fanno camminare: quello che il nostro mondo, oggi, fa fatica a comprendere è che non è necessario ripartire da capo ogni volta, sentirsi figli di nessuno, cercare una libertà priva di appartenenze che sia la condizione di partenza necessaria per costruirsi una identità. Si può accettare come benedizione il fatto che si possa camminare sul solco di una tradizione, aiutati da parole che ci indicano la direzione senza costringerci a prendere una identità che non sia la nostra.

Il Consolatore che Gesù ci promette è lo Spirito dei figli che non si sperimentano mai soli, lo Spirito di conoscenza di cui abbiamo bisogno per comprendere che l’amore, per essere davvero libero e dinamico, secondo la sua vera natura, non può fare a meno dei binari su cui muoversi, altrimenti rischierebbe di diventare un treno impazzito destinato prima o poi a deragliare. Lo scambio dei binari è immagine efficace per chiarire il senso delle parole di Gesù: osservare i suoi comandamenti vuol dire accettare di rallentare in prossimità dello scambio, creando le condizioni per scegliere bene la direzione. Per vivere pienamente la dinamica dell’amore abbiamo bisogno di binari sicuri che ci permettano di esprimere tutta la potenza propulsiva della nostra locomotiva. L’alternativa sarebbe un tragico incidente, un amore inteso e vissuto malamente e in maniera egoistica, oppure un treno perfettamente funzionante chiuso in una officina in attesa di una manutenzione che non avverrà mai, la triste realtà dei tanti che oggi non sanno dare un nome ai propri sentimenti.

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