Tradimento e lacrime

Tradimento e lacrime

Nella lettura del Passio secondo il vangelo di Marco che ascolteremo domenica prossima, domenica delle Palme (anno b), si potrebbero scegliere diverse linee di approfondimento a partire da un singolo passaggio o seguendo in particolare l’evoluzione di alcuni personaggi.
Il racconto di Marco, riportando i fatti che culminano nella morte di Gesù, si fa ancora più scarno e sintetico: la narrazione asciutta dell’evangelista porta a vivere tutta la drammaticità degli eventi che si scatenano contro Gesù. Colui che fin dall’inizio del vangelo viene proclamato Cristo, Figlio di Dio, muore da solo, abbandonato da tutti, crocifisso tra due ladroni mentre una scritta ironica lo proclama re dei Giudei. Ci vorrà la voce solitaria di un centurione romano, l’unico che insieme ai suoi soldati rimane a guardare la morte di Gesù sotto la croce, a proclamare e confermare quello che l’intero vangelo voleva portarci a considerare: Gesù è davvero il Figlio di Dio. Lo si può comprendere soltanto vedendolo morire così.
Al di là della straordinaria figura del centurione, rimane il fatto che Gesù muore da solo, abbandonato da tutti coloro che lo avevano accompagnato. Rimangono soltanto alcune donne che osservano da lontano: in fondo Marco mette in scena il dramma di un uomo tradito e lasciato solo a morire. La figura di Giuda diventa emblematica di questo tradimento, allo stesso modo di quella di Pietro, ma secondo una traiettoria che rimane sospesa.

“Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!»”. (Mc 14,19-21)

Il tradimento di Giuda, insieme alla profezia dell’abbandono dei discepoli, fa da cornice all’istituzione dell’eucaristia. Giuda è uno dei dodici, non è un estraneo: è uno di noi, uno che condivide il cibo dallo stesso piatto, uno di famiglia. Il tradimento è parte costitutiva della nostra realtà, purtroppo: il peccato ci rende deboli e abbiamo bisogno della comunione che nasce dal dono di Gesù proprio per rispondere, come un antidoto, al veleno del peccato. Il Figlio dell’uomo deve morire per dare una risposta definitiva al male.
Il peccato di Giuda è il nostro stesso peccato, c’è poco da girarci intorno, è il peccato del mondo, dove ciascuno di noi ha la sua quota di partecipazione, basta guardarsi attorno per riconoscere quanti muoiono soli e disperati, abbadonati e traditi da chi non ne riconosce e rispetta l’umanità. Nel guai proclamato da Gesù c’è tutto il dolore per un amore non compreso, ma anche il dispiacere per una vita che si butta via nel peccato. La frase finale di Gesù al v. 21, non è una maledizione su Giuda, ma un avvertimento perché Giuda prenda coscienza del male che sta facendo prima di tutto a se stesso: sono parole che esprimono l’infinita misericordia di Gesù, la preoccupazione ultima per il destino dell’uomo che lo sta per consegnare alla morte.
Cerchiamo di non avere troppa fretta nel risolvere la figura di Giuda: siamo chiamati a confrontarci con lui,  a dialogare con lui. In Marco, di Giuda si perdono le tracce: dopo la consegna di Gesù alle guardie con il bacio, un segno di amore che ci ricorda quanto le realtà umane, perfino le più belle, possano essere pervertite dalla presenza del male, Giuda sparisce, consegnato alla notte. Ma quella stessa notte è la notte dentro alla quale ci perdiamo anche noi ogni volta che non siamo all’altezza dell’amore. Forse l’evangelista, non raccontando l’esito finale del tradimento di Giuda, ha voluto lasciarci un segno importante: non c’è notte tanto scura da essere segnata in maniera assoluta e definitiva. Come diceva don Primo Mazzolari, Giuda rimane sempre nostro fratello e mi piace pensare che anche lui, alla fine, abbia pianto per quello che ha fatto, proprio come il nostro fratello Pietro.
Di fronte alle tragedie e alle morti di questi giorni di guerra abbiamo bisogno di trasformare le nostre lacrime di commozione in lacrime di pentimento per ricominciare a sperare.

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