Serpenti tra le mani

Serpenti tra le mani

Il brano finale del vangelo di Marco che ci viene presentato in questa domenica in cui la chiesa celebra la solennità dell’Ascensione (Anno B, Mc 16,15-20), parte da un invio e si conclude con una conferma: gli Undici vengono mandati a portare la Parola a ogni creatura, perché la salvezza non è realtà che riguarda solo gli uomini, ma proposta che, attraverso l’umanità, arriva all’intera creazione, mentre il Signore, proprio perché riprende il suo posto accanto al Padre, continua ad agire nella storia attraverso segni che si concretizzano nella vita di coloro che credono. Dunque l’Ascensione non viene vista come un distacco, ma, al contrario, proprio come il punto necessario perché sia resa possibile la continuità tra l’azione storica di Gesù e la vita della comunità dei credenti che rende visibile la sua presenza in ogni passaggio della storia.

Tra i segni che accompagnano la vita di chi crede, il vangelo ne presenta uno davvero particolare che richiede qualche approfondimento: cosa vuol dire prendere in mano i serpenti e non essere colpiti da danni in caso di assunzione di qualche veleno?

Ce lo spiega molto bene l’ennesima storia di corruzione legata agli ambienti della politica in Italia: lasciamo da parte la vicenda che riguarda i vertici della regione Liguria e che farà il suo corso secondo le logiche della giustizia. Quello che colpisce chi osserva è l’intreccio inestricabile di affari, politica, tempo libero, dove tutto sembra essere sempre ricondotto a una questione di denaro e potere: non esistono porti franchi, il filo conduttore rimane sempre lo stesso e in ogni circostanza. Come un veleno che un po’ alla volta prende piede nel corpo e si espande in ogni anfratto dell’organismo, così l’idea del potere e l’idolo del denaro prendono sempre più spazio nella vita di uomini che finiscono per servirsi gli uni degli altri senza ritegno e scrupolo. Evitiamo le facili letture moralistiche che accompagnano i commenti di questi fatti ormai da molti anni: se non hai l’antidoto, il veleno fa male anche a te, perché tanto, prima o poi, anche tu ti troverai a dover maneggiare qualche serpente, rischiando di essere morso.

Maneggiare i serpenti è l’immagine che meglio esprime la capacità di un credente di riconoscere il proprio stato di fragilità nei confronti del male, ma è anche l’immagine che meglio esprime la forza straordinaria del Vangelo e della sua parola che sana e libera. Consapevoli di essere continuamente sottoposti alle tentazioni, consapevoli di quella parte di male e peccato che avvelena la nostra vita, sappiamo però che non siamo destinati a perire, a lasciare che inevitabilmente l’intero corpo della nostra vita si ammali in maniera irreversibile. Stare con questa consapevolezza di fronte al male, sapere cioè che siamo abilitati a scacciare i demoni e a parlare lingue nuove, dovrebbe essere il motore della nostra esperienza di vita come uomini e come credenti.

Abbiamo l’antidoto al nostro egoismo e alle derive del male: siamo chiamati a diventare noi stessi portatori di questo antidoto e ad accompagnare le parole del Vangelo che annunciamo con i segni della sua accoglienza nella nostra vita.

Crediamo al fatto che qualsiasi demonio può essere respinto attraverso l’esercizio di una libertà vera e formata; crediamo alla lingua universale dell’amore di Dio che può essere comprensibile per ogni creatura? Pensiamo davvero di poter essere guaritori feriti, ma pur sempre guaritori capaci di portare sollievo alle vite degli altri? Se crediamo a tutto questo vuol dire che, nonostante il male che attraversiamo ogni giorno, stiamo facendo girare nel nostro sangue l’antidoto giusto per non soccombere alla logica pervasiva del potere.

Il Signore prende posto alla destra del Padre perché attraverso la missione degli Undici sia data ancora più rilevanza a tutte le sue parole e per consentire la moltiplicazione dei gesti e dei segni che lui ha compiuto in quella piccola parte di terra e lungo quella minima frazione di tempo che gli sono stati messi a disposizione per dimostrare come sia possibile non soccombere al veleno dell’odio: perché tutto questo possa arrivare a ogni creatura, c’è bisogno di persone che con pazienza e costanza assumano ogni giorno la dose giusta di antidoto, soprattutto nei momenti in cui la pressione del male e del conformismo che lo accompagna sembra essere pervasiva e irreversibile.

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