Il dono dello Spirito

Il dono dello Spirito

Domenica di Pentecoste. Con la solennità che celebra la discesa dello Spirito Santo abbiamo l’opportunità di riflettere sul fatto che se non ci fosse questo dono ai credenti la chiesa non esisterebbe. Il Vangelo di questo anno B è un collage di alcuni versetti presi dai capitoli 15 e 16 di Giovanni (Gv 15,26-27; 16,12-15): Gesù parla della funzione dello Spirito e del suo ruolo nella relazione con il Padre. É lo Spirito a portare consolazione; è lo Spirito a dare testimonianza della verità; è lo Spirito che manifesta l’identità del Figlio e che rende capaci i discepoli di offrire la loro testimonianza. Lo Spirito non è solo realtà che esprime relazione tra il Padre e il Figlio, ma è anche il dono che rende possibile a ogni uomo e a ogni donna di arrivare a sperimentare vera per sé l’identità unica di figli amati da Dio.

La convinzione di Gesù è che la sua intimità possa essere condivisa con l’intera umanità: al termine del suo cammino terreno Gesù ha acquisito la verità più profonda sulla propria identità di figlio che condivide in pienezza tutto ciò che è anche del Padre: questa convinzione può essere fatta propria da tutti coloro che si aprano al dono dello Spirito. Questa è tutta la verità di cui gli uomini hanno bisogno per vivere in pienezza la propria esistenza.

Abbiamo fatto tutti l’esperienza di essere stati fatti depositari di un qualche segreto da parte di qualcuno. Sappiamo molto bene quanto sia faticoso portare un segreto e sappiamo molto bene che certi segreti diventano perfino un peso difficile da portare quando le condizioni che ci circondano non siano favorevoli o addirittura ostili: Gesù sembra proprio fare riferimento a questa esperienza quando ricorda che i suoi discepoli non sono in grado di portare il peso delle cose che lui ha da confidare loro. Quando si è insicuri, quando si è impauriti, quando si è bloccati dal timore di sbagliare o dalla convinzione di non aver capito, diventa difficile testimoniare qualcosa; ma anche quando si è troppo sicuri delle proprie forze, quando si pensa di essere totalmente autonomi e di non aver bisogno di nessuno, la propria testimonianza diventa poco credibile.  L’incertezza sulla propria condizione futura rende pavidi e impauriti o al contrario spavaldi e spocchiosi: l’esito rimane lo stesso, una difficoltà di fondo nell’affrontare la vita.

La condizione di tanti adolescenti in difficoltà, di cui ci parlano i mezzi di comunicazione, come se la realtà dei più giovani fosse degna di interesse solo perché problematica e portatrice di tensioni sociali, racconta del fatto che molti si trovano, oggi, in una condizione di incertezza dovuta al peso delle cose che devono portare: fin da piccoli riversiamo sui nostri ragazzi il peso di decisioni che non spettano loro, gli chiediamo di diventare adulti troppo presto, salvo poi lamentarci del fatto che al momento debito non sappiano vivere la giusta autonomia decisionale. Lasciamo a loro troppo spazio di decisione nei primi anni di vita e non gli lasciamo il tempo di crescere e maturare nella capacità di prendersi le giuste responsabilità. Pensiamo di poterli rendere parte di tutti i segreti della vita fin da piccoli, credendo così di renderli autonomi e senza renderci conto che in questo modo generiamo solo una generazione in preda all’ansia.

Gesù non fa così: sa attendere le condizioni per cui i discepoli possano diventare capaci di rendergli testimonianza, diventando portatori consapevoli di tutti i suoi segreti. Gesù invoca il dono dello Spirito perché sa molto bene che i tempi di maturazione dell’umanità non sono legati alla sua presenza fisica, ma alla possibilità di rileggere quello che lui ha detto e fatto attraverso una comprensione differente che solo lo Spirito può garantire. Le cose future di cui si parla nel vangelo e che verranno rivelate, non sono fatti o avvenimenti specifici: non si tratta di previsioni particolari, ma della comprensione generale e definitiva del dono rivolto a tutta l’umanità come futuro possibile per chi lo voglia accogliere. Siamo destinati a vivere da figli amati. Questo è il dono. Se allora questa è la realtà che ci viene rivelata per il nostro futuro, la paura non può più essere l’orizzonte verso il quale muoversi. Il problema è che manchiamo di questa consapevolezza e che rischiamo di vivere da adulti le stesse dinamiche dei nostri adolescenti: appesantiti da cose troppo difficili da portare, camminiamo verso un futuro senza prospettiva che ci fa sempre più paura. Non sarà proprio questo il momento di chiedere con insistenza il dono dello Spirito per essere aiutati a capire che il Padre vuole per noi un futuro molto diverso da quello che ci stiamo immaginando?

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