Et… et… – Mc 12,13-17

Et… et… – Mc 12,13-17

In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.

L’“et…et…” vince su l’”aut…aut…”. Almeno in questo caso. Non “O Cesare o Dio”, ma “E Cesare e Dio”.

Certo, Cesare c’è perché Dio lo vuole, e in questo senso Dio ha sempre il primato; tutto viene da lui e a lui ritorna. Ma nel momento in cui Dio si fa carne nel Figlio, egli decide di entrare in relazione con Cesare; non si identifica con Cesare, con Cesare desidera dialogare e da Cesare ama farsi interrogare e lo fa attraverso «la Chiesa che è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1).

Ora, «la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d’ordine politico, economico o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d’ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina» (GS, 42). A noi discepoli di Cristo è affidato il compito «di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena» (GS 43), nella vita di Cesare.

Dal Calvario in poi la legge divina non è più scritta su tavole di pietra, ma sul legno della croce e quel libro ha come titolo “Opzione preferenziale per i poveri”, da promuovere attraverso quella «forma eminente di carità» che è la politica (Francesco, 2019), cioè la partecipazione alla vita della comunità. Questo si aspettano sia Cesare che Dio da me e te. Guardare alla politica come a qualcosa di corrotto e sporco è lasciare spazio a chi di Cesare si vuol servire per continuare a sfruttare i deboli.

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