Venire alla luce – Gv 16,20-23

Venire alla luce – Gv 16,20-23

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».

«Quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo». Gesù usa l’immagine del parto per parlare della sua Pasqua. Una sofferenza accolta e vissuta per amore, in vista della vita.

Il genio di Gian Lorenzo Bernini ha scolpito questa immagine nella Basilica di San Pietro a Roma sulla base delle colonne del suo maestoso baldacchino. In mezzo agli stemmi che decorano i piedistalli compare, infatti, il volto di una donna la cui espressione, se ci si muove intorno all’altare in senso antiorario, racconta le varie fasi di un parto: inizialmente si contrae per le prime doglie, quindi gli occhi si stravolgono, i capelli sono scompigliati, la bocca da socchiusa si apre in un urlo. Nell’ultimo stemma il volto della donna è sostituito da quello sorridente di un bambino: il travaglio si è concluso felicemente con la nascita di una nuova vita.

Il colpo di genio è quello di averlo fatto intorno all’altare, circondando proprio quello spazio dove la Chiesa fa memoria della Pasqua del Signore e attinge forza e vita da quel gesto d’amore che l’ha generata e dal quale sempre si nutre e si rigenera la sua missione: essere madre, donarci la vita in Cristo, farci crescere nella fede, indicarci con la forza della Parola di Dio il cammino della libertà dei figli, difenderci dal male.

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